“Il termine Amok deriva dal malese mengamok, indica una carica furiosa e disperata, e si ritiene che il primo a osservarne alcuni episodi sia stato il capitano James Cook intorno al 1770; l’esploratore descrisse il caso di giovani uomini che all’improvviso, e senza apparente raigorne, iniziavano a correre e a gridare <Amok! Amok! Amok!>, tentando di uccidere tutti coloro che incontravano, amici, parenti o animali che fossero.”
La mente è un luogo misterioso e affascinante, al cui interno si cela l’IO più profondo di un essere umano, con i suoi segreti e con la sua follia.
Ci chiediamo allora come sia possibile che un essere umano, uomo o donna, adulto o ragazzo che sia, apparentemente in buona salute, senza problemi visibili o tangibili, scelga di uscire di casa e compiere un gesto tanto assurdo, come quello di uccidere un altro essere umano? Ci dobbiamo chiedere cosa abbia scatenato in lui quella furia, forte e profonda, che non lascia via di scampo ma solamente un vuoto, devastante e doloroso?
Come possiamo accorgerci che una persona vicina stia covando qualcosa dentro di lei? Come fermare i rampage killers, coloro che portano a compimento una follia omicida e senza apparente ragione?
In questo saggio dai toni crudi e violenti, Carlo Lucarelli e Massimo Picozzi, vogliono darci la possibilità di analizzare nel profondo quale può essere la causa scatenante, e la risposta pare molto semplice: l’odio.
Per definizione, l’odio è “un sentimento di forte e persistente avversione, per cui si desidera il male o la rovina altrui; o, più genericamente, sentimento di profonda ostilità e antipatia verso qualcuno o qualcosa”, pertanto il sentimento dell’odio non è come la rabbia, temporanea, ma è qualcosa che si annida dentro, nel profondo, mette le sue radici pian piano e queste continuano a crescere senza mai fermarsi, fino al punto di rottura, quella goccia che fa traboccare il vaso, che spezza l’equilibrio mentale di una persona.
Molto spesso coloro i quali compiono questi gesti tanto assurdi e sconsiderati sono persone con una mentalità disturbata, non compresi dalla società, scartati e lasciati in disparte. Molto spesso però non sempre, a volte la colpa è di moltissimi fattori che si intrecciano tra loro, la società, i pregiudizi, i lutti, lo stress, le disgrazie, tutte situazioni che alla fine portano ad un esplosione. Queste persone che non sanno come sfogare la frustrazione verso una società in cui non si sentono ascoltati e compresi, verso cui provano rancore.
Così, esempio dopo esempio, situazione dopo situazione, gli autori esaminano ogni sfumatura di odio e della loro origine. Tutti le testimonianze portate all’attenzione del lettore sono diverse e distanti tra loro nel tempo, quasi a riprova del fatto che il problema è il senso di impotenza ed insicurezza che provano queste persone. L’unica cosa che non cambia nel tempo è che queste persone attaccano per sopperire a questo senso di inadeguatezza.
L’idea di fondo del libro è quella che ogni “tipo” di odio è differente, non c’è un’unica ricetta per comprendere fino in fondo il perché di questi genti tanto assurdi e quello che svolgono gli autori non è un lavoro semplice perché i pregiudizi sono molti e hanno radici lontane nel tempo, tant’è che estirparli non è facile.
Eppure il libro ci porta a comprendere che è anche necessario cooperare, siamo noi i primi a doverci mettere in gioco per poter aiutare queste persone, la base è un idea piuttosto semplice: prevenire e non prevedere.
Il libro è scritto in maniera magistrale e la tecnica di scrittura permette una lettura piuttosto scorrevole; tuttavia per leggerlo è necessario prendersi del tempo, perché ogni persona di cui si parla, vittima o carnefice che sia, una volta era una vita, ed ora quella vita è stata spezzata. I parenti, gli amici, i vicini sicuramente ancora soffrono per la perdita e questa è una consapevolezza che ti lascia qualcosa dentro